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MAFIA: ITALIA DAI CINESI COL PIATTINO IN MANO. SERVONO NUOVE LEGGI E PRATO PUO’ REAGIRE

Di mafia si parla spesso. Ma la mafia oggi non è più soltanto quella che conosciamo da decenni, che ha saldato le sue radici nelle regioni del Sud per poi espandersi al Centro e al Nord. E l’Italia, che fa finta di non vedere queste trasformazioni, resta immobile e subisce l’espandersi delle mafie straniere.


Del tema abbiamo discusso a Prato, una delle capitali europee della mafia cinese, e dove anche la mafia nigeriana sta prendendo campo. Tanta gente ha affollato una sala consiliare del Comune di Prato per ascoltare il segretario della Commissione parlamentare Antimafia, l’On. Wanda Ferro di Fratelli d’Italia, il giornalista autore del libro “La triade italiana. Come la mafia cinese sta conquistando l’Italia” Giorgio Sturlese Tosi e il capogruppo della lista “Prato libera e sicura” Aldo Milone, che per primo e ormai da tantissimi anni denuncia il fenomeno coperto tra lavoro irregolare, agricoltura illegale, passaggi sporchi di denaro e racket.


Un incontro organizzato da Fratelli d’Italia Prato, insieme a Prato libera e sicura. Intervenendo Wanda Ferro ha sottolineato l’impegno senza sosta di Fratelli d’Italia, fra “sdegno e coraggio”, per combattere le mafie. “Dobbiamo capire questi nuovi fenomeni in tutta la loro crudezza – ha sottolineato – la mafia nigeriana oggi usa parti delle persone uccise per fare il brodo. Non a caso Pamela Mastropietro, la ragazza di Macerata uccisa selvaggiamente e fatta a pezzi da un nigeriano, è stata trovata senza fegato e senza cuore”. 

Giorgio Sturlese Tosi ha sottolineato come “i primi ad essere danneggiati dai comportamenti della mafia cinese sono i cinesi perbene”. Il giornalista nel suo lavoro d’inchiesta sul fenomeno ha scovato una ramificazione capillare dell’organizzazione criminale fra prestanome e controlli finti.

Fratelli d’Italia lavorerà in Parlamento per far sì che tutte queste azioni delle nuove mafie siano ricondotte a reati di mafia. E quindi puniti come tali: dal carcere duro, ai sequestri, passando per i benefici per chi si pente e collabora per individuare le fonti di illegalità.
Molto spesso se un giudice non applica pene dure nei confronti di questi criminali è perché non ci sono leggi che lo consentono: se queste condotte non sono considerate mafiose da leggi antimafia vecchie e rimaste ancorate agli anni ’80-’90, spetta alla politica cambiarle. E per cambiare Prato, la cui amministrazione comunale troppo spesso subisce senza reagire.