Gaza, la Sinistra non vota la mozione a sostegno del piano di pace

Parlamento, Sinistra non vota mozione piano di pace

Pd, Avs e M5S respingono l’appello all’unitarietà e si astengono su un atto mirato a favorire l’iniziativa per far cessare la guerra nel Vicino Oriente

Un’occasione persa per mandare un messaggio compatto a favore della pace nel Vicino Oriente. Nonostante gli appelli a mettere da parte i distinguo politici e fare fronte comune per sostenere le iniziative per far terminare al più presto il conflitto a Gaza, la sinistra ha deciso di andare per la sua strada. E lo ha fatto non votando la risoluzione sul Piano di pace. Risoluzione presentata dalla maggioranza subito dopo l’intervento in aula del ministro degli Esteri Antonio Tajani. Un atto con un solo impegno, chiaro e lineare: “compiere ogni attività utile a sostenere e favorire l’iniziativa di pace messa in campo dagli USA, che oggi costituisce l’unica prospettiva realistica per porre fine ad un conflitto sanguinoso”. La risoluzione è stata approvata con i voti della maggioranza, di Azione e di Italia Viva e l’astensione di Pd, Avs e M5S.

L’appello all’unità di Giorgia Meloni, il no della sinistra

In vista della comunicazione del Governo sugli sviluppi della situazione nella Striscia di Gaza il Presidente del Consiglio aveva auspicato a un voto unitario. “Mi piacerebbe che l’Italia votasse compatta per dimostrare che la pace la si vuole davvero”. Perché, ha detto Meloni, “la pace non arriverà perché Landini o le Usb indicono lo sciopero”. Arriverà «se qualcuno lavora ai tavoli a cui bisogna lavorare a proposte serie. E su questo davvero mi piacerebbe che lavorassimo insieme”. Un appello che la sinistra non ha raccolto preferendo presentare mozioni alternative.

“Mi dispiace – ha aggiunto – che di fronte a un appello che avevamo fatto alle opposizioni a votare unitariamente una mozione di sostegno al piano di pace, la gran parte dell’opposizione abbia fatto un’altra scelta. Davvero non lo comprendo. Perché ricordo che c’è stato un sostegno di questo piano da parte dei paesi europei, dei paesi arabi, dell’Autorità nazionale palestinese. E quindi diciamo rimane solo la sinistra italiana che evidentemente ha delle posizioni più radicali”.

Un errore non votare la risoluzione

Astenersi sull’atto presentato dalla maggioranza è un tatticismo che non giova alla causa della pace. Come non giovano le violenze scaturite durante le manifestazioni indette a seguito del blocco della Global Sudum Flotilla. Differentemente che altrove in Italia viviamo in una bolla mediatica in cui si parla solo di quello che sta accadendo alla flotilla. Ma in contemporanea c’è per la prima volta dopo decenni un concreto piano di pace. Lo chiamano il “piano Trump” solo perché è stato lui a presentarlo, ma si tratta di un Piano di venti punti (che potete leggere in fondo a questo articolo) che con molte difficoltà è stato accettato dal governo di Israele, ed al tempo stesso, è stato accettato dagli islamici. Tutte le nazioni arabe, moderate e non moderate, stanno dicendo che è una strada da percorrere.

Uno spiraglio per arrivare a pacificare il Medio Oriente, perché il popolo palestinese abbia uno Stato riconosciuto in cui vivere in libertà e autonomia. E per dare la possibilità a Israele di vivere in sicurezza, con riconoscimento reciproco e un percorso di pacificazione che isoli gli estremisti e i terroristi da entrambe le parti. Giorgia Meloni aveva già indicato la strada. Manca pochissimo per raggiungere questo traguardo. Davanti a questa prospettiva chiunque ostacoli questo meccanismo di pace si assume una responsabilità enorme. Noi in questo momento tifiamo fortemente per il piano di pace. E non possiamo accettare che quattro ragazzotti accompagnati da parlamentari blocchino tutto questo per farsi selfie sui social e poter raccontare di fare la rivoluzione.

Italia in prima fila negli aiuti e nelle iniziative di pace

Siamo orgogliosi di essere tra le nazioni che più hanno fatto per aiutare i civili palestinesi, pur condannando gli attentati di Hamas. Con la stessa determinazione diciamo oggi che non si aiuta il popolo palestinese bloccando aeroporti, assaltando stazioni o scontrandosi con le forze dell’ordine. Non c’è un solo bambino palestinese che si salva picchiando un poliziotto a Torino, a Firenze o a Milano. Non dobbiamo fermarci.

Andiamo avanti per la pace in Medio Oriente, senza consentire a una minoranza rumorosa di bloccare né il processo di pace né la nazione italiana. In questo momento non aiutano il popolo palestinese, ma bloccano gli italiani che vogliono semplicemente vivere la propria quotidianità, lavorare, viaggiare e muoversi liberamente.

I 20 punti del Piano di pace (qui il testo originale, sotto la traduzione)

  1. Gaza sarà una zona deradicalizzata e libera dal terrorismo che non costituirà una minaccia per i suoi vicini.
  2. Gaza sarà ricostruita a beneficio della popolazione di Gaza, che ha già sofferto abbastanza.
  3. Se entrambe le parti accetteranno questa proposta, la guerra finirà immediatamente. Le forze israeliane si ritireranno sulla linea concordata per prepararsi al rilascio degli ostaggi. Durante questo periodo, tutte le operazioni militari, compresi i bombardamenti aerei e di artiglieria, saranno sospese e le linee di battaglia rimarranno congelate fino a quando non saranno soddisfatte le condizioni per il ritiro completo.
  4. Entro 72 ore dall’accettazione pubblica di questo accordo da parte di Israele, tutti gli ostaggi, vivi e deceduti, saranno restituiti.
  5. Una volta che tutti gli ostaggi saranno stati liberati, Israele rilascerà 250 detenuti condannati all’ergastolo più 1.700 abitanti di Gaza arrestati dopo il 7 ottobre 2023, comprese tutte le donne e i bambini detenuti in quel contesto. Per ogni ostaggio israeliano le cui salme saranno restituite, Israele restituirà le salme di 15 abitanti di Gaza deceduti.
  6. Una volta che tutti gli ostaggi saranno stati restituiti, i membri di Hamas che si impegneranno a coesistere pacificamente e a smantellare le loro armi saranno graziati. Ai membri di Hamas che desiderano lasciare Gaza sarà garantito un passaggio sicuro verso i paesi di accoglienza.
  7. Una volta accettato il presente accordo, saranno immediatamente inviati aiuti completi nella Striscia di Gaza. Come minimo, le quantità di aiuti saranno coerenti con quanto previsto dall’accordo del 19 gennaio 2025 in materia di aiuti umanitari, compreso il ripristino delle infrastrutture (acqua, elettricità, fognature), il ripristino di ospedali e panifici e l’ingresso delle attrezzature necessarie per rimuovere le macerie e aprire le strade.
  8. L’ingresso degli aiuti e la loro distribuzione nella Striscia di Gaza avverranno senza interferenze da parte delle due parti attraverso le Nazioni Unite e le sue agenzie, la Mezzaluna Rossa e altre istituzioni internazionali non associate in alcun modo a nessuna delle due parti. L’apertura del valico di Rafah in entrambe le direzioni sarà soggetta allo stesso meccanismo attuato nell’ambito dell’accordo del 19 gennaio 2025.
  9. Gaza sarà governata da un comitato palestinese tecnocratico e apolitico, responsabile della gestione quotidiana dei servizi pubblici e delle municipalità per la popolazione di Gaza. Questo comitato sarà composto da palestinesi qualificati ed esperti internazionali, con la supervisione e il controllo di un nuovo organismo internazionale di transizione, il “Consiglio di pace”, che sarà guidato e presieduto dal presidente Donald J. Trump, con altri membri e capi di Stato da annunciare, tra cui l’ex primo ministro Tony Blair. Questo organismo definirà il quadro di riferimento e gestirà i finanziamenti per la ricostruzione di Gaza fino a quando l’Autorità Palestinese non avrà completato il suo programma di riforme, come delineato in varie proposte, tra cui il piano di pace del presidente Trump del 2020 e la proposta saudita-francese, e potrà riprendere in modo sicuro ed efficace il controllo di Gaza. Questo organismo farà appello ai migliori standard internazionali per creare un governo moderno ed efficiente che sia al servizio della popolazione di Gaza e favorisca gli investimenti.
  10. Verrà elaborato un piano di sviluppo economico di Trump per ricostruire e rilanciare Gaza, convocando un gruppo di esperti che hanno contribuito alla nascita di alcune delle fiorenti città moderne del Medio Oriente. Molte proposte di investimento ponderate e idee di sviluppo entusiasmanti sono state elaborate da gruppi internazionali ben intenzionati e saranno prese in considerazione per sintetizzare i quadri di sicurezza e governance al fine di attrarre e facilitare questi investimenti che creeranno posti di lavoro, opportunità e speranza per il futuro di Gaza.
  11. Sarà istituita una zona economica speciale con tariffe preferenziali e tassi di accesso da negoziare con i paesi partecipanti.
  12. Nessuno sarà costretto a lasciare Gaza e coloro che desiderano andarsene saranno liberi di farlo e liberi di tornare. Incoraggeremo le persone a rimanere e offriremo loro l’opportunità di costruire una Gaza migliore.
  13. Hamas e le altre fazioni accettano di non svolgere alcun ruolo nella governance di Gaza, né direttamente, né indirettamente, né in alcuna altra forma. Tutte le infrastrutture militari, terroristiche e offensive, compresi i tunnel e gli impianti di produzione di armi, saranno distrutte e non ricostruite. Ci sarà un processo di smilitarizzazione di Gaza sotto la supervisione di osservatori indipendenti, che includerà la messa fuori uso definitiva delle armi attraverso un processo concordato di smantellamento, supportato da un programma di riacquisto e reintegrazione finanziato a livello internazionale, il tutto verificato dagli osservatori indipendenti. La nuova Gaza si impegnerà pienamente a costruire un’economia prospera e a coesistere pacificamente con i propri vicini.
  14. I partner regionali forniranno una garanzia per assicurare che Hamas e le fazioni rispettino i loro obblighi e che la nuova Gaza non rappresenti una minaccia per i suoi vicini o per la sua popolazione.
  15. Gli Stati Uniti collaboreranno con i partner arabi e internazionali per costituire una forza internazionale di stabilizzazione (ISF) temporanea da dispiegare immediatamente a Gaza. L’ISF addestrerà e fornirà supporto alle forze di polizia palestinesi controllate a Gaza e si consulterà con la Giordania e l’Egitto, che hanno una vasta esperienza in questo campo. Questa forza costituirà la soluzione a lungo termine per la sicurezza interna. L’ISF collaborerà con Israele ed Egitto per contribuire a garantire la sicurezza delle zone di confine, insieme alle forze di polizia palestinesi appena addestrate. È fondamentale impedire l’ingresso di munizioni a Gaza e facilitare il flusso rapido e sicuro di merci per ricostruire e rivitalizzare Gaza. Le parti concorderanno un meccanismo di risoluzione dei conflitti.
  16. Israele non occuperà né annetterà Gaza. Man mano che l’ISF stabilirà il controllo e la stabilità, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) si ritireranno sulla base di standard, tappe fondamentali e tempistiche legati alla smilitarizzazione che saranno concordati tra l’IDF, l’ISF, i garanti e gli Stati Uniti, con l’obiettivo di garantire la sicurezza di Gaza, che non costituirà più una minaccia per Israele, l’Egitto o i suoi cittadini. In pratica, l’IDF cederà progressivamente il territorio di Gaza che occupa all’ISF secondo un accordo che stipulerà con l’autorità di transizione fino al suo completo ritiro da Gaza, fatta eccezione per una presenza di sicurezza perimetrale che rimarrà fino a quando Gaza non sarà adeguatamente protetta da qualsiasi minaccia terroristica.
  17. Nel caso in cui Hamas ritardi o respinga questa proposta, quanto sopra, compresa l’operazione di aiuto potenziata, procederà nelle aree libere dal terrorismo consegnate dall’IDF all’ISF.
  18. Sarà avviato un processo di dialogo interreligioso basato sui valori della tolleranza e della coesistenza pacifica per cercare di cambiare la mentalità e la narrativa dei palestinesi e degli israeliani, sottolineando i benefici che possono derivare dalla pace.
  19. Con il progredire della ricostruzione di Gaza e l’attuazione fedele del programma di riforme dell’Autorità Palestinese, potrebbero finalmente crearsi le condizioni per un percorso credibile verso l’autodeterminazione e la statualità palestinese, che riconosciamo come aspirazione del popolo palestinese.
  20. Gli Stati Uniti avvieranno un dialogo tra Israele e i palestinesi per concordare un orizzonte politico per una coesistenza pacifica e prospera.