Atreju 2025, una riforma a lungo attesa: la separazione delle carriere

Nordio: “È una riforma che si sarebbe dovuta fare 40 anni fa. Non ha nulla di punitivo nei confronti della magistratura”

Nella sesta giornata di Atreju 2025, immerso nella meravigliosa cornice di Castel Sant’Angelo, si è tenuto il confronto sulla separazione delle carriere. Una riforma che l’Italia aspetta da tempo e che il governo Meloni ha portato avanti con serietà e concretezza. Evento a cui hanno partecipato il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, Alberto Balboni, Debora Serracchiani, Sabino Cassese, Antonio Di Pietro, Gaetano Azzariti con l’introduzione di Ciro Maschio e la moderazione di Claudio Cerasa.

La riforma della giustizia si farà

“È una riforma che si sarebbe dovuta fare 40 anni fa. È la conseguenza logica, giuridica, costituzionale dell’inserimento del processo accusatorio voluto da un eroe della democrazia, medaglia d’argento della resistenza Giuliano Vassalli, che ha introdotto questo sistema cosiddetto alla Perry Mason, cioè americano, dove una delle prerogative, delle caratteristiche essenziali è proprio la separazione delle carriere.

Questa è una conseguenza logica che non ha nulla di punitivo nei confronti della magistratura. Dico subito che l’articolo 104 della nostra riforma, il pubblico ministero, viene anzi elevato di rango perché assume la stessa parità formale e sostanziale del giudice della magistratura giudicante e quindi senza nessun intento né punitivo né tantomeno polemico si tratta di una conseguenza tecnica, secondo me, necessaria”, ha affermato il Ministro della Giustizia Carlo Nordio ad Atreju 2025.

Nordio: “Giustizia, prima di essere efficace, deve essere giusta”

Nordio ha proseguito poi il suo intervento: “Mi ha, in un certo senso, disgustato qualche polemica da parte di magistrati che sono arrivati a evocare la P2. Una miseria argomentativa che procede per slogan. Un’altra accusa è stata dire: ‘questa riforma non accelera i processi’. Ma nessuno ha mai detto che lo avrebbe fatto. Stiamo facendo diverse riforme, tra cui l’assunzione di 1.600 magistrati.

Una giustizia, prima di essere efficace, deve essere giusta. I pubblici accusatori non possono dare i voti ai giudici, questo è il senso della riforma. Questa cosa non sta né in cielo né in terra”.

Di Pietro: “Ho subito la simbiosi tra pm e giudice”

“Voterò sì perché mi piace guardare la norma per quel che è e non per chi l’ha presentata. Sono qui perché io c’ero e c’ero da poliziotto, da magistrato, da avvocato, da imputato, da indagato, da parte lesa e da parte civile. Sono qui perché ho vissuto le mie esperienze da magistrato e ho subìto la simbiosi tra pm e giudice”, ha ha poi affermato l’ex magistrato Antonio Di Pietro, del Comitato Sì Separa – Fondazione Einaudi.