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Aggiornamento sul ricorso per i rimborsi delle pensioni

Il Tribunale ha finalmente rimesso alla Corte Costituzionale la norma del Governo Renzi che pretende di offrire solo una piccola “mancia” ai pensionati scippati, anche dopo l’abolizione dalla legge Fornero!
Ma per meglio comprendere cosa è successo, facciamo un passo indietro partendo dal quadro normativo di riferimento e dalle iniziative legali promosse da Fratelli d’Italia.

  1. La sentenza della Corte Costituzionale n. 70/2015

La sentenza della Corte Costituzionale n. 70 del 10 marzo 2015 ha abolito l’art. 24, co. 25 del Decreto Legge 6 dicembre 2011, n. 201 che aveva previsto, per gli anni 2012 e 2013, il blocco integrale della rivalutazione dei trattamenti pensionistici superiori a tre volte il trattamento minimo INPS.

  1. La prima iniziativa di Fratelli d’Italia

All’indomani della pubblicazione della Sentenza, Fratelli d’Italia ha subito preannunciato l’intenzione di avviare una class action, nell’ipotesi in cui non fosse stato fatto nulla per dare attuazione alla sentenza; al contempo riferendo che, in caso di attivazione da parte del Governo, sarebbe venuto meno il presupposto giuridico per la class action, ma sarebbero comunque proseguite le nostre battaglie (non solo politiche ma anche legali) in caso di eventuali interventi normativi non pienamente soddisfacenti.

  1. Le diffide inviate per fare reagire il Governo e il primo intervento normativo

Abbiamo quindi predisposto e fatto inviare all’INPS e al Ministero competente migliaia di diffide ad adempiere, che hanno prodotto un primo risultato, anche se quanto ottenuto non ancora non ci è bastato!
Le nostre diffide, infatti, hanno fatto in modo – intanto – che il Governo intervenisse, introducendo una misura di rimborso che tuttavia ancora non ci piace affatto. Con il Decreto Legge n. 65/2015, infatti, il Governo ha escluso dalla restituzione una categoria troppo ampia di pensionati (quelli titolari di pensioni superiori a sei volte il minimo), e per le categorie coinvolte ha previsto rimborsi ancora troppo bassi (si va dal 45% al 10% di rimborso)!

  1. La nuova iniziativa giudiziale per contrastare l’ultima norma del Governo

All’indomani della pubblicazione del Decreto Legge n. 65/2015, abbiamo allora subito preannunciato che, ferme restando eventuali iniziative dei singoli che ciascuno potrà sempre proporre autonomamente, avremmo avviato una serie di azioni legali volte in questo caso a fare abrogare la norma, nell’ottica di consentire ai pensionati di ottenere il rimborso adeguato.

  1. I primi ricorsi al TAR Lazio proposti il 24 settembre

In data 24 settembre 2015 abbiamo allora proposto davanti al TAR Lazio due distinti ricorsi rivolti contro INPS, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, e Ministero dell’Economia e delle Finanze, attraverso i quali abbiamo impugnato la circolare INPS n. 125/2015 di attuazione del suddetto Decreto Legge n. 65/2015, chiedendo ai Tribunale di rimettere tale norma davanti alla Corte Costituzionale. Uno dei due ricorsi è finalizzato a contestare la parte della Legge che esclude da ogni forma di rimborso i pensionati che beneficiano di un trattamento previdenziale superiore a sei volte il minimo. L’altro ricorso è invece finalizzato a contestare la parte del Decreto che prevede forme di restituzione del tutto irrisorie per le restanti categorie.
In particolare, nell’ambito dei suddetti ricorsi davanti al Tribunale Amministrativo del Lazio, abbiamo contestato la legittimità della norma, perché a nostro avviso:

  1. Viola gli articoli 3, 36, 38 e 97 della Costituzione poiché: (i) prevedendo forme di rimborso del tutto irrisorie, (ii) escludendo dalla restituzione un’ampia categoria di pensionati, e (iii) ed estendendo tali preclusioni ad un periodo di ben 2 anni (2012 e 2013) travalica i limiti della ragionevolezza;

  1. Viola, sotto altri profili, gli articoli 3, 97 e 117 della Costituzione, oltre che gli articoli 6, 21, 25, 33, 34 della “Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”,  perché vanifica le aspettative legittimamente nutrite dai lavoratori per il tempo successivo alla cessazione della propria attività; ed infine

  1. Viola il divieto di discriminazione perché si sostanzia in un prelievo settoriale a danno della sola categoria dei pensionati.

  1. L’evoluzione dei nostri ricorsi davanti al TAR Lazio

Parallelamente all’instaurazione dei nostri ricorsi, anche altre associazioni e privati cittadini hanno proposto analoghe iniziative giudiziali. In quel contesto, il TAR ha intanto ordinato al Ministero di produrre una compiuta relazione in grado di dimostrare le esigenze finanziarie che giustificherebbero la manovra adottata. Stiamo ora valutando il contenuto degli atti prodotti dal Ministero per ipotizzare un’eventuale ulteriore impugnazione. Nel frattempo, ci siamo coordinati con gli staff legali  che assistono gli altri ricorrenti per fare fronte comune, nel tentativo, in primis, di ottenere la fissazione dell’udienza di merito davanti al TAR entro brevi termini.

  1. La rimessione alla Corte Costituzionale

Intanto, abbiamo accolto con estrema soddisfazione la recentissima decisione del Tribunale di Palermo – resa nell’ambito di separato giudizio pendente già da diverso tempo – con cui è stata rimessa alla Corte Costituzionale proprio parte della norma di cui abbiamo chiesto l’annullamento, muovendo dagli stessi presupposti su cui si fondano le nostre istanze.
Più in particolare, la disposizione incriminata è quella parte della norma in questione, introdotta dal Governo Renzi (art. art. 24, c. 25 D.l. 201/2011), secondo cui, per i titolari di pensione compresa fra 4 e 5 volte il minimo INPS, è previsto un rimborso pari a solo il 20% dell’intera rivalutazione.
Con riferimento a tale aspetto, il Tribunale ha evidenziato che anche tale nuova disposizione “suscita perplessità sotto il profilo della sua compatibilità con la Carta Costituzionale, in quanto “non appare per il periodo di riferimento affatto tutelato l’interesse dei pensionati alla conservazione del potere d’acquisto delle somme percepite”.
In particolare, proseguono i Giudici, “una perequazione siffatta sembra violare i principi di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità della prestazione previdenziale”, poiché il rimborso (o meglio, la rivalutazione prevista) è di entità talmente modesta da indurre a ritenere che anche la nuova normativa mantenga un contrasto con i principi dettati dalla Costituzione e con l’interpretazione che degli stessi ha fornito la Corte Costituzionale”.
Si tratta dunque di un precedente importantissimo nell’ottica delle battaglie legali che stiamo perseguendo, sia perché la Corte Costituzionale sarà ora chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della norma che da tempo contestiamo, sia perché renderà ancora più forte la nostra posizione nell’ambito dei giudizi che abbiamo promosso con lo scopo di denunciare l’illegittimità della parte restante della disposizione, in cui viene ancora esclusa dal rimborso (interamente o quasi) una troppo ampia categoria di pensionati.