«Legge elettorale? Sento critiche senza che ci sia ancora un testo»
di Simone Arminio
In questa ultima tornata elettorale, a leggere i commenti in giro, hanno vinto tutti e perso nessuno…
«Noi ovviamente avremmo voluto vincere tutte e sette le regioni al voto. Il campo largo dal canto suo partiva dichiarando che avrebbe fatto un cinque a uno, dando una sonora spallata al governo. È finita che ciascuno schieramento si è tenuto le proprie regioni, non mi sembra esattamente una spallata».
L’altro tema ricorrente è: le Regionali sono un banco di prova nazionale?
«lo sono fermamente convinto di no: le Regionali riflettono in primo luogo le dinamiche locali. Il gradimento nei confronti del governo Meloni, gli italiani lo esprimeranno alle prossime Politiche».
Ma un riflesso politico è innegabile ogni volta che gli elettori vanno alle urne, no?
«Bene, allora guardiamo ai numeri, in raffronto alle precedenti Regionali. Partiamo dalla Campania: il centrodestra ha raddoppiato i suoi voti, passando dal 18% al 35,7. Il campo largo, invece, è passato dall’80% al 60%. Fratelli d’Italia è passata dal 5,98% all’11,9%, senza tenere conto della lista Cirielli».
E in Puglia e Veneto?
«Siamo cresciuti in Puglia e abbiamo raddoppiato i voti in Veneto, passando dal 9,55% al 18,7%. Un conto che vale anche se prendiamo come paragone le ultime Politiche. In quel caso, nelle regioni al voto, il centrodestra è salito di 4 punti percentuali e il campo largo ne ha persi due».
Se foste riusciti a trovare un accordo sui candidati con maggiore anticipo, sia onesto, sarebbe andata meglio?
«Quando non si vince è evidente che si sarebbe potuto fare di meglio. Dopodiché è innegabile che per noi Toscana, Puglia e Campania fossero sfide difficili. Partendo da questo presupposto Tomasi, Lobuono e Cirielli possono essere solo ringraziati. Hanno accettato una sfida coraggiosa e non si sono risparmiati, nonostante il percorso fosse in salita».
Qualche sorpasso interno al centrodestra, nelle varie regioni c’è stato. Cambieranno gli equilibri di governo?
«Non è mai successo e non succederà neanche stavolta. Noi, a differenza del centrosinistra, siamo uniti da valori comuni fin dal 1994».
L’astensionismo la preoccupa?
«La disaffezione nei confronti del voto è un tema su cui dobbiamo interrogarci tutti. Ma per onestà bisogna dire che quando le sfide non sono al cardiopalma e il risultato è in parte scritto è inevitabile una minore partecipazione. Nelle Marche, l’unica vera regione che a un certo punto è parsa contendibile, la percentuale dei votanti è stata migliore».
Chiuse le urne, lo ha detto lei, è tempo di cambiare la legge elettorale.
«Ho parlato di legge elettorale rispondendo a una domanda di un suo collega. Ma questo non vuol dire che per noi sia cambiato qualcosa. Non cambiamo legge per interesse, in seguito ai risultati elettorali. Se decideremo di farlo sarà per preservare una governabilità che in questi tre anni ha fatto tanto bene all’Italia».
Se così sarà, crede che potrà essere un percorso condiviso?
«Ci confronteremo con la minoranza, certo. Detto ciò, ho sentito parlare di attacchi alla democrazia senza nemmeno che sia stato né letto né scritto il testo. Spero che, se il dibattito si aprirà davvero, prima di un giudizio ci potrà essere un effettivo confronto sul tema».


