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La cucina italiana sale in cattedra negli USA: italians do it better!

Lollobrigida cucina italiana Unesco

Nella terra del fast food il Ministro Lollobrigida presenta la candidatura della cucina italiana a Patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco. E la sinistra non digerisce neanche questa.

La cucina italiana rappresenta le tradizioni, la cultura e la bellezza del nostro paese. Un’eredità secolare fatta di attenzioni alla qualità dei prodotti e al mangiar bene. Lo stesso non si può dire, non ce ne vogliano gli amici d’Oltreoceano, degli Stati Uniti, patria del fast food, del cibo spazzatura e paese che ha già aperto la strada al cibo sintetico. Una risposta, secondo i sostenitori, all’aumento della domanda di cibo provocata dall’aumento della popolazione. Senza per questo porsi domande sulla qualità di ciò che finisce sulle tavole. Esattamente il contrario dell’approccio italiano, che non si accontenta del mangiare per tutti, ma punta a diffondere il mangiar sano per quante più persone possibili. Del resto siamo o non siamo il paese di Nazzareno Strampelli, agronomo che quasi cento anni fa aumentò la produzione di grano senza intaccarne la qualità? Insomma, da una parte la carbonara, la mozzarella di bufala, l’olio extravergine di oliva, dall’altra la farina di grilli o la bistecca creata in laboratorio. Da una parte l’Italia e la cucina italiana, dall’altra gli Usa: un modello per la democrazia e la libertà, certo, ma non certo per quanto riguarda l’alimentazione. 

Ed è proprio negli USA, per la precisione a New York, che l’Italia, per voce del ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida, ha formalizzato la candidatura della cucina italiana a Patrimonio dell’Umanità Unesco, in vista dei riconoscimenti che saranno conferiti nel 2025. Un percorso già avviato e che proseguirà grazie a iniziative nel mondo volute dal Governo Meloni e che vedranno protagonisti non solo le istituzioni, ma anche i protagonisti del settore: imprenditori e ristoratori chiamati a svolgere, come spesso già fanno, il compito di ambasciatori della nostra cucina, magnificandone le creazioni, raccontando i piatti e legandoli a filiere di produzione, a luoghi e monumenti. Perché il mangiar bene, conseguenza naturale del cucinare bene, è parte della cultura italiana in senso ampio, come dimostra, ad esempio, la crescita del turismo gastronomico. Ed è quindi valorizzazione delle nostre tradizioni e delle eccellenze che fanno grande l’Italia.

E il mangiar bene significa anche migliorare la qualità della vita delle persone. Non è un caso infatti che tre dei paesi in cui prevale la dieta mediterranea siano tra i primi dieci nella classifica della longevità. Un’alimentazione sana ed equilibrata è fondamentale per il benessere delle persone. Pare una cosa scontata, ma evidentemente non lo è visto che è in atto una battaglia che punta esclusivamente a garantire la qualità, senza prendere in considerazione la qualità.

Non bastava il nutri-score, il semaforino di cui da tempo si discute in Europa (e contro cui FdI si è sempre schierata) che “fa passare” anche i cibi di laboratorio, purché in linea con un algoritmo che tiene in considerazione i valori di zuccheri, grassi e sale, minacciando di fatto la dieta mediterranea e spingendo verso un’omologazione che non fa bene a nessuno. Non bastava litalian sounding, i tentativi di copiare le eccellenze enogastronomiche italiane traducendone il nome, come nel caso del parmesan. La nuova frontiera è il cibo sintetico, come la “carne” realizzata in laboratorio per cui negli USA è stata recentemente consentita la vendita. Una strada che l’Italia non intende percorrere, come dimostra il disegno di legge del Governo Meloni che, su iniziativa del ministro Lollobrigida, fissa il divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici. 

C’è chi, a sinistra, etichetta la linea del governo e le parole del ministro Lollobrigida in occasione della presentazione della candidatura della cucina italiana a Patrimonio dell’Umanità Unesco come crociata sovranista o iniziative dettate da sciovinismo. Che lo dicano pure. Noi siamo fermamente convinti dell’eccellenza della nostra produzione agro-alimentare e della nostra cucina. Se i radical chic amano le sperimentazioni, peggio per loro. Noi alla presunta modernità preferiamo la tradizione, alla farina di grilli o la bistecca in provetta preferiamo la polenta e la Fiorentina.