Gravissimo collegare il governo con l’attentato a Ranucci
di Adriana Logroscino
Giovanni Donzelli, responsabile dell’organizzazione di FdI, negli scontri tra avversari politici si è passato il segno?
«Sì e da un pezzo. Non solo si susseguono dichiarazioni fuori luogo, fuori misura, offese, ma pur di attaccare Giorgia Meloni si mina la credibilità dell’Italia all’estero raccontando un inesistente rischio eversivo in un Paese in cui libertà di parola e democrazia sarebbero in pericolo. E quando ci difendiamo, dobbiamo anche sentirci rispondere che facciamo le vittime? È insostenibile. E pericoloso».
Ne parla come se ad alimentare lo scontro fosse solo una parte. Lei stesso, però, ricorre spesso a toni ultrapolemici.
«Non accetto questo qualunquismo: non siamo tutti uguali. Noi quando eravamo all’opposizione non abbiamo mai parlato male dell’Italia all’estero. Probabilmente chi lo fa invidia il successo che riscuote il governo Meloni sulla scena internazionale. Da un solo lato vedo insulti sessisti, violenza verbale, odio e rabbia. Se poi uno di destra desse della cortigiana a Elly Schlein, io non esiterei a prenderne le distanze».
Meloni solo una settimana fa, dal palco del comizio di Firenze, ha detto «la sinistra è peggio di Hamas». Vuole prenderne le distanze?
«La presidente del Consiglio è partita da un ragionamento fattuale: l’accordo di pace per Gaza ha avuto l’ok di Hamas ma non della sinistra italiana in Parlamento: non hanno votato la mozione che sosteneva il piano. O sono accecati dall’odio verso la destra di governo italiana, o sul Medio Oriente sono troppo vicini a posizioni estremiste».
Vede un collateralismo tra sinistra e Hamas?
«Dico solo che non dimentico i rapporti tra alcuni partiti italiani e Mohammed Hannoun, uno dei principali esponenti del sistema di finanziamento clandestino di Hamas in Europa. Neppure dimentico che Pd e Avs avevano provato a invitare Jabarin, noto terrorista, alla Camera. Dicono “Vergogna, ci paragonate ad Hamas”. Ma a parlare sono i fatti, per chi ha memoria sufficiente».
Quali delle dichiarazioni di Schlein, per lei, trascendono la critica politica?
«Ci sono tre livelli. La maggiore leader dell’opposizione va ad Amsterdam a sollevare il dubbio che in Italia la democrazia non sia compiuta perché governa la destra: mi pare gravissimo che una rappresentante delle istituzioni denigri il suo Paese. Non considerare poi che in Italia governa la destra perché ha vinto le elezioni, è un chiaro segnale di analfabetismo istituzionale. Ma soprattutto è collegare il governo di destra con l’attentato a Ranucci a configurare un rischio eversivo vero e proprio. Se Schlein ha evidenze di questo tipo, si prenda la responsabilità di denunciarle in Procura. Se non ne ha, le sue parole, gravissime, non sono degne per un parlamentare italiano. E ancor più grave è che l’abbia fatto all’estero: qualcuno, ascoltandola, potrebbe immaginare che il governo italiano legittimi attentati a giornalisti scomodi».
La replica di Meloni, «siamo al puro delirio», non è eccessivamente colorita?
«Aveva il dovere di smentire con nettezza che la democrazia nel Paese che governa sia in pericolo. Ha tutelato l’immagine dell’Italia dalla irresponsabile propaganda di Elly Schlein».
A proposito di propaganda, i vostri avversari vi accusano di strumentalizzare le loro dichiarazioni a fini di consenso, anche col vittimismo. Cosa risponde?
«Lo dicono per indurci al silenzio. Non dovremmo, secondo loro, nemmeno lamentarci quando siamo destinatari di parole fuori controllo. Io invece ribadisco: trovo incredibile che una leader di sinistra, una donna e una sedicente femminista, come la segretaria del Pd, non si sia indignata con Landini che ha dato della cortigiana a Giorgia Meloni. Anzi, Schlein le rimprovera di essersi difesa. Quindi il sessismo non si deve denunciare? O forse se la donna vittima di sessismo è di destra è meno grave, più tollerabile?».