«Ora vedo Giorgetti, servono risorse nella prima Manovra. E sullo stop ai medici esterni in pronto soccorso non arretriamo, andava fatto da anni»
di Mauro Evangelisti
Oggi il ministro della Salute, Orazio Schillaci, incontrerà il suo collega dell’Economia, Giancarlo Giorgietti.
«Sarà importante avere delle risorse in Finanziaria per assumere medici e infermieri. Non ho ancora le cifre, ma ho ben in mente un piano che vada a sostenere un numero sufficiente di assunzioni e a incentivare quelle specializzazioni che oggi sono meno scelte dai giovani medici».
Ministro, ci sono molte preoccupazioni per ciò che succederà nei pronto soccorso nelle prossime settimane, visto che andranno a scadere i contratti con le cooperative che forniscono i cosiddetti medici gettonisti.
«Era noto a tutti che il provvedimento che interrompe il rinnovo dei contratti dei gettonisti sarebbe entrato in vigore. Voglio pensare che Regioni e Asl si siano organizzate. È curioso: improvvisamente tutti si preoccupano per i pronto soccorso. Mi chiedo dove fossero queste preoccupazioni quando si permetteva a medici senza alcuna formazione specifica di coprire turni di emergenza a 200 euro l’ora o quando professionisti sconosciuti ai reparti gestivano codici rossi senza conoscere nemmeno dove fossero i defibrillatori. Stiamo facendo quello che andava fatto da anni: investire su chi ci lavora davvero, non su chi passa di là per caso».
Avete studiato strumenti alternativi?
«Questo è il punto che sfugge a molti: con un emendamento al disegno di legge sulle prestazioni sanitarie si permette alle Asl di assumere direttamente medici con contratti flessibili. Direttamente, non attraverso cooperative. È il pubblico che assume, non l’intermediario privato che ci guadagna sopra. La differenza è sostanziale: un medico assunto direttamente dall’ospedale conosce i protocolli, i colleghi, i percorsi. Un gettonista che arriva per 12 ore da una cooperativa è un estraneo in reparto. Prima regnava il far west. Medici che non avevano mai visto un’emergenza facevano turni in pronto soccorso. Ora chiediamo competenza verificata e continuità assistenziale».
Non ci saranno più cooperative, ma comunque avremo medici esterni che guadagneranno di più di quelli interni.
«Già le Asl potevano attivare delle collaborazioni con contratti coordinati e continuativi. Ora diamo la possibilità di ricorrere a contratti liberi professionali. Ricordo che abbiamo anche disposto, nelle linee guida, che potranno essere pagati al massimo 85 euro all’ora. Non i 200 che si davano alle cooperative. Sono medici che stabilmente staranno nel reparto».
Il disegno di legge delega sulle professioni sanitarie prevede lo scudo penale per i medici. Era all’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri di lunedì scorso ed è slittato. C’è un problema politico?
«È stato solo un rinvio tecnico per un approfondimento. Ho letto ricostruzioni giornalistiche davvero curiose. Sono certo che a fine agosto o inizio di settembre possa essere approvato. Teniamo conto che non c’è solo la parte dello scudo penale, ma anche un modo diverso e più moderno di guardare alle professioni sanitarie».
Nel nuovo comitato sui vaccini sono stati inseriti due esperti considerati no-vax da alcuni esponenti di minoranza. Come mai?
«Parliamo di 22 esperti tra cui scienziati di altissimo profilo guidati da Roberto Parrella, presidente Simit e infettivologo di fama. Il mandato è quello di dare un contributo autorevole e pragmatico basato su rigore metodologico e evidenze scientifiche. Com’è noto, sono e sarò sempre favorevole al confronto nell’interesse della salute pubblica e non di altre logiche».
Solo in provincia di Latina sono stati registrati 88 casi di West Nile, altri cinque tra il territorio dell’Asl Roma 6 e di Frosinone. Contando anche la vicina provincia di Caserta, ci sono già undici decessi. Cosa sta succedendo?
«È importante fare un po’ di chiarezza: il virus del West Nile è endemico dal 2008 e il trend è in linea con gli altri anni. Nel 2022 ci sono stati 728 casi di contagio con 51 morti. A oggi è l’anno con i numeri più alti e non ricordo allarmi mediatici in quel periodo. La differenza quest’anno è nella distribuzione geografica, perché il virus sta interessando soprattutto due regioni del centro-sud, Lazio e Campania. Ma abbiamo un sistema di sorveglianza efficace e ben rodato; le Regioni si sono attivate applicando le misure previste nel Piano Nazionale di prevenzione, sorveglianza e risposta alle Arbovirosi, come le disinfestazioni ambientali e facendo informazione ai cittadini sulle misure di protezione individuale. Continuiamo a vigilare e monitorare, ma senza allarmismi».
Ministro, il 90% dei casi concentrati in una provincia non può non meritare attenzione.
«L’Italia ha una combinazione di fattori favorevoli per la circolazione del West Nile: collocazione lungo le rotte migratorie degli uccelli selvatici che sono i serbatoi naturali; temperature e habitat favorevoli alla moltiplicazione di vettori, cioè le zanzare in questo caso. Ci sono poi da considerare condizioni meteorologiche stagionali, che possono favorire o ostacolare temporaneamente il ciclo di trasmissione. Comunque, ci saranno incontri ad agosto tra tecnici regionali ed esperti del Ministero per studiare con più attenzione ciò che è successo».
Cosa suggerite alla popolazione di quella zona?
«È necessario evitare che ci siano altri decessi e proteggere ancora di più i nostri pazienti fragili. Non essendoci un vaccino contro questo virus, la protezione individuale è fondamentale per evitare di essere punti dalle zanzare. Le persone anziane, con patologie pregresse, o le persone immunocompromesse sono in genere più esposte a complicanze se contraggono un virus. Ecco perché è importante usare repellenti o zanzariere, evitare i ristagni d’acqua che favoriscono la riproduzione delle zanzare. Ovviamente, come peraltro si sta facendo, è importante intervenire con disinfestazioni in linea con il Piano nazionale. Attenzione, disinfestare quando non serve rischia di aumentare la resistenza delle zanzare agli insetticidi».