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Smantellata banca clandestina cinese

banca clandestina Cina

Da Prato e Firenze un fiume di denaro verso la Cina tramite un istituto di credito illegale: 2 arrestati, 13 indagati e oltre un milione di euro sequestrato

C’erano una volta i money transfer, circuiti nati per permettere ai lavoratori stranieri in Italia di trasferire denaro all’estero. Un meccanismo ben presto piegato al riciclaggio di soldi. Prato ne è stata la capitale per anni: fiumi di denaro che dal distretto parallelo cinese viaggiavano verso Pechino. Somme consistenti spesso frutto di affari illeciti, dallo sfruttamento dei lavoratori clandestini – costretti a lavorare senza sosta e senza tutele – al commercio di prodotti contraffatti, all’agricoltura con sementa non tracciate. Un fiume che si è prosciugato, sino a diventare un torrente: dai 5 miliardi di euro del 2017 ai 9 milioni del 2021. E non certo per un crollo degli affari, ma perché il sistema si è evoluto: dagli sportelli money transfer si è passati al modello della banca clandestina che gestisce i trasferimenti di milioni di euro in Cina, come quella scoperta dalla Guardia di Finanza proprio in Toscana.

Banca cinese clandestina: l’operazione della Guardia di Finanza

L’ultima frontiera del riciclaggio di denaro proveniente dal distretto parallelo cinese: un istituto bancario clandestino con sede a Firenze e filiale a Prato che offriva a imprenditori sinici attivi nel settore della pelletteria e dell’abbigliamento il servizio di deposito e trasferimento di denaro in Cina con una commissione del 2,5%. Un’attività illegale scoperta dalla Guardia di Finanza del capoluogo toscano, epilogo di un’indagine che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati 13 persone e all’arresto di due di queste, tutte di origini cinesi. A loro carico l’associazione a delinquere dedita alla commissione di reati di esercizio abusivo dell’attività finanziaria e bancaria, mentre per gli altri l’esercizio abusivo dell’attività finanziaria e bancaria a sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. I “banchieri illegali” ritiravano il contante e provvedevano al trasferimento usando due canali: per le somme più modeste le applicazioni “We chat” e “Alipay”, mentre per quelle più consistenti si attivava un meccanismo più complesso, tutto esterno al sistema bancario italiano. Anticipi effettuati attraverso conti correnti e carte di credito accesi in Cina e poi riversati su conti di altri cinesi residenti nel paese del dragone. Il trasporto materiale delle somme raccolte nelle “filiali” veniva invece garantito da altri cinesi, definiti “trasferitori”. La Guardia di Finanza ha sequestrato negli uffici della banca clandestina un milione di euro in contanti, pronto al trasferimento in Cina, e altri 74mila euro frutto delle commissioni incassate dalla “banca clandestina” a fronte di conferimenti per circa 3 milioni di euro.

Criminalità cinese, l’impegno del Governo

Un’indagine che ha confermato la propensione all’illegalità e la capacità della criminalità cinese di aggirare le norme italiane e il nostro fisco. A Prato e Firenze come altrove. Un’illegalità che finalmente, grazie al Governo Meloni, sarà oggetto delle attività della commissione parlamentare antimafia. La realtà ci dice che non siamo di fronte a un “semplice” distretto economico illegale ma – come disse l’anno scorso il procuratore generale della repubblica presso la corte di appello di Firenze Marcello Viola – un “macro-fenomeno più pervasivo, il cui contrasto si presenta particolarmente difficile”, che si muove secondo meccanismi tipici della criminalità organizzata e addirittura talvolta coopera con altre organizzazioni. Con lo smantellamento della banca clandestina “made in Cina” è stato sferrato un altro colpo: la strada è lunga, ma grazie al lavoro della magistratura e delle Forze dell’Ordine e agli indirizzi del Governo Meloni e del Parlamento, il traguardo è più vicino.